Sfruttamento non sostenibile e riscaldamento globale colpiscono il Mediterraneo. Per proteggerlo sono necessari la collaborazione internazionale e un rinnovamento culturale.
Immagine di pubblico dominio |
Il ruolo dell'Atlantico, ovviamente, è essenziale: le sue acque formano una corrente superficiale che entra da Gibilterra, e compensa l'evaporazione eccessiva. La corrente di Gibilterra attraversa il canale di Sicilia e arriva in fondo alla parte orientale del bacino. Invece, l'acqua che torna indietro forma la corrente intermedia levantina, passa sotto la corrente d'ingresso e rientra nell'Atlantico.
Queste due correnti cambiano l'acqua del Mediterraneo nei primi 500 m di profondità. A ricambiare l'acqua profonda, ci pensano i cosiddetti "motori freddi" del Golfo del Leone, del nord Adriatico e del nord Egeo. E qui arriva la prima brutta notizia: il motore freddo del nord Adriatico si è fermato negli anni novanta. E, in un periodo di riscaldamento globale, c'è il rischio reale che anche gli altri motori freddi smettano di funzionare.
Riscaldamento globale e pesca eccessiva
Le correnti e i motori sono indispensabili, perché favoriscono la biodiversità e innescano i processi che fanno funzionare gli ecosistemi. Ma si tratta di fenomeni delicati, fortemente influenzati dal cambiamento climatico.
In estate si forma uno strato di acqua calda sopra l'acqua profonda, che è più fredda. Molti animali non amano il caldo, e vivono solo al di sotto dello strato riscaldato. Il riscaldamento globale, però, aumenta lo spessore dello strato più caldo, causando eventi di mortalità massiva di vari organismi che vivono attaccati al substrato, e quindi non si possono spostare a profondità maggiori.
Se le specie ad affinità fredda soffrono, quelle ad affinità calda, invece, hanno un vantaggio: a centinaia stanno invadendo il Mediterraneo, attraverso il Canale di Suez. Ne sono già state registrate 700, e il numero è in continuo aumento. Possiamo dire che il Mediterraneo di oggi è molto diverso da quello di trent'anni fa.
Oltre al cambiamento climatico, anche la pesca eccessiva minaccia l'integrità del nostro mare. A causa dello sfruttamento massiccio, le risorse naturali stanno finendo, e noi stiamo passando all'acquacoltura. Ma la natura non ama il vuoto: le meduse, sempre più abbondanti in tutti i mari del globo, prendono il posto dei pesci che non ci sono più.
Che fare?
Il vento che soffia al largo delle coste è una fonte di energia già ampiamente usata altrove, ma ancora non sfruttata nel Mediterraneo. Le piattaforme eoliche al largo potrebbero contrastare gli effetti negativi della nostra presenza, agevolando l'abbandono della combustione. Inoltre, questi impianti inibiscono la pesca industriale e, alla loro base, si formano comunità di organismi.
Per estendere i principi di buona gestione ambientale, l'Unione Europea promuove la creazione di reti di Aree marine protette. Ad esempio, tramite il progetto CoCoNET (COast to COast NETwork): la comunità scientifica di 22 paesi europei, asiatici e africani studia struttura e funzionamento degli ecosistemi marini nel Mediterraneo e nel Mar nero, in vista della realizzazione di reti di Aree marine protette.
Commenti
Posta un commento
Che ne pensi?