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Particolato atmosferico e rischi per la salute: conta anche la "qualità"

Un gruppo di ricerca dell'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima del CNR di Lecce ha pubblicato uno studio sui potenziali effetti dannosi causati a livello cellulare dal particolato atmosferico. Lo studio, condotto in collaborazione con l'Università del Salento, dimostra che il potenziale ossidativo dipende dalla composizione chimica del particolato più che dalla sua concentrazione.

la tossicità per la salute umana dipende sensibilmente dalla "qualità" del particolato più che dalla sua concentrazione
SD-Pictures da Pixabay
Che il particolato atmosferico, l'insieme di polveri o particelle solido-liquide sospese nell'aria, abbia effetti dannosi per la salute umana è cosa nota: per questo motivo, nella comunità scientifica internazionale, il potenziale ossidativo è sempre più studiato come indicatore di rischio.

Ora uno studio condotto da un gruppo di ricerca dell'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima del CNR (ISAC-CNR) di Lecce dimostra come il potenziale stress ossidativo vari a seconda della composizione chimico-fisica e delle sorgenti del particolato stesso: la tossicità per la salute umana, quindi, dipenderebbe sensibilmente dalla "qualità" del particolato più che dalla sua concentrazione. Lo studio, condotto in collaborazione con l'Università del Salento, è stato pubblicato sulla rivista Atmospheric Environment.

"Con specifici test abbiamo valutato il potenziale ossidativo di tre tipi di campioni raccolti presso l'Osservatorio climatico-ambientale ISAC-CNR di Lecce", spiega Daniele Contini, ricercatore che ha coordinato lo studio. "Campioni raccolti in giornate di normali condizioni climatiche e atmosferiche, campioni contenenti polveri trasportate dal Sahara e campioni ad alto contenuto di carbonio derivanti da traffico, processi industriali, incendi, ecc.".

Esempio di risultati per il potenziale ossidativo e la concentrazione dei diversi tipi di campione
ISAC-CNR
"I risultati mostrano che questi ultimi, cioè i campioni ad alto contenuto di carbonio, hanno un potenziale ossidativo molto elevato, mentre durante gli eventi di trasporto di polveri africane si registrano grandi incrementi di concentrazione del particolato, ma il potenziale ossidativo resta relativamente basso", prosegue Contini.

La valutazione ha riguardato, in particolare, particelle con diametro inferiore a 2,5 milionesimi di metro (PM2.5) e a 10 milionesimi di metro (PM10). "L'obiettivo era approfondire i meccanismi della tossicità del particolato atmosferico nel tempo: il confronto ha dimostrato che le proprietà ossidative di campioni provenienti da diverse fonti sono molto diverse", aggiunge il ricercatore.

"Questo è un aspetto di cui si dovrebbe tenere conto negli studi epidemiologici: infatti, il potenziale ossidativo è un indicatore quantitativo diretto, spesso ancora più significativo dell'incremento di concentrazione dovuto ad una specifica fonte. Ciò permetterebbe una migliore interpretazione dei dati di qualità dell'aria e dell'esposizione dei cittadini a sostanze potenzialmente dannose per la salute".

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