Nuovi risultati dall'impegno del CNR nella ricerca di soluzioni all'emergenza fitosanitaria che colpisce da qualche anno la Puglia. Ricercatori dell'Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del CNR, assieme a colleghi dell'Università di Bari e del Centro di Ricerca Basile Caramia, hanno scoperto fenomeni di resistenza nella varietà di ulivo "Favolosa", oltre che nel "Leccino".
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Una situazione preoccupante a cui la scienza è chiamata a cercare soluzioni: la stima di Coldiretti Puglia è di un danno di oltre un miliardo di euro. In questo quadro si inserisce uno studio sulla resistenza al batterio di alcune varietà di ulivo, portato avanti dai ricercatori dell'Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del CNR (IPSP-CNR), insieme ai colleghi dell'Università di Bari e del Centro di Ricerca Basile Caramia.
Oltre a confermare i fenomeni di resistenza già descritti nella varietà di ulivo "Leccino", riporta, per la prima volta, tratti di resistenza anche nella varietà detta "Favolosa". Si tratta di una selezione di sementi ottenuta dal prof. Giuseppe Fontanazza e brevettata dall'Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo del CNR (ISAFoM-CNR). I ricercatori definiscono i risultati "sorprendenti".
Nei giorni scorsi, l'EFSA, l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, ha pubblicato un rapporto in cui si conferma che il "Leccino" e la "Favolosa" sono tolleranti alla Xylella. La ricerca di fonti di resistenza nell'ulivo è uno dei principali obiettivi perseguiti da due progetti del Programma Horizon 2020, finanziati dall'Unione Europea: POnTE (Pest Organisms Threatening Europe) e Xf-Actors (Xylella fastidiosa Active Containment Through a Multidisciplinary-Oriented Research Strategy), entrambi coordinati dall'IPSP-CNR.
"Questa scoperta rafforza le speranze di salvare l'olivicoltura nelle aree interessate dal batterio", dichiara il presidente del CNR, Massimo Inguscio.
"Attualmente, sono già circa 300 le varietà di ulivo in sperimentazione", evidenzia Francesco Loreto, direttore del Dipartimento di scienze bio-agroalimentari del CNR. "È una ricerca su cui sono concentrate le attenzioni e le speranze non solo degli olivicoltori italiani, ma di tutti i paesi olivicoli del Mediterraneo, e anche di Africa, Argentina, Cile e Australia".
L'importante risultato è anche frutto della stretta collaborazione tra i ricercatori e le realtà produttive del territorio, come le aziende olivicolo-olearie, le cooperative agricole e le organizzazioni provinciali e nazionali dei produttori.
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