Preservare gli ecosistemi e produrre piante con caratteristiche nutritive di qualità, facendo un uso minore e migliore di fertilizzanti e pesticidi. Forse, la chiave è tutta qui: nelle strategie di collaborazione che le piante hanno imparato a mettere in pratica già 450 milioni di anni fa.
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La maggior parte di questi coinquilini non sono dannosi, ma innocui o addirittura benefici e in alcuni casi formano relazioni stabili con le piante dette simbiosi mutualistiche. Ma chi sono questi organismi simbionti e qual è il loro ruolo ecologico?
Per molto tempo, lo studio della biodiversità microbica e proceduto a rilento, ma grazie alle nuove tecniche di sequenziamento ora è possibile rispondere a queste domande. In questo modo, si potranno riconoscere i suolo agricoli impoveriti in microbiota e identificare le specie da reintrodurre.
Il supporto nutrizionale
Il principale limite alla crescita vegetale è la nutrizione minerale, cioè l'assimilazione di elementi come azoto, fosforo e zolfo, che devono essere assorbiti dalle radici. In terreni poveri di nutrienti o dove la competizione per le risorse è agguerrita, come nelle foreste o nel sottobosco, l'assorbimento radicale può non bastare e diventare molto costoso in termini energetici.
Inoltre, alcuni composti organici, come i fosfati di calcio e alluminio, non possono essere assorbiti dalle piante, che quindi possono soffrire di carenza di nutrienti anche in terreni che ne sono ricchi. Qui entrano in gioco i funghi micorrizici, quelli che stabiliscono un rapporto simbiotico con la pianta.
Le ife, cioè i sottili filamenti dei funghi che crescono intorno alle radici delle piante, sono più efficienti nell'assorbimento di nutrienti e setacciano una regione di suolo molto più estesa di quella esplorata dalle radici. Una volta assorbiti, poi i nutrienti sono dirottati in parte al simbionte vegetale. In agricoltura, l'alleanza con i funghi simbionti è una valida strategia per migliorare le rese limitando i fertilizzanti, nel rispetto della biodiversità del suolo.
Dati recenti ottenuti sul pomodoro, confermano che una pianta micorrizata cresce più in fretta, produce frutti che maturano prima e si conservano più a lungo, eguagliando piante coltivate su suoli altamente fertilizzati. Inoltre, nei frutti delle piante micorrizate, la quantità di minerali, composti aromatici e antiossidanti è maggiore rispetto alle piante coltivate in terreni senza funghi simbionti.
Un ruolo simile di supporto nutrizionale è svolto anche dai batteri, che facilitano l'assorbimento di azoto e altri elementi. L'alto vantaggio di queste interazioni può diventare un prezioso alleato in agricoltura, e molti enti, come la Bill & Melinda Gates Foundation, finanziano studi che permettano di sfruttarle.
Il potenziamento delle difese immunitarie
Inoltre, il microbiota svolge anche un ruolo protettivo contro alcuni patogeni. In parte, la protezione della pianta deriva da composti difensivi prodotti dai batteri e liberati nel suolo attorno alla radice. Ma il microbiota è in grado di potenziare le difese della pianta stessa. Probabilmente, le difese immunitarie della pianta sono attivate da alcune molecole che i funghi micorrizici e i batteri benefici hanno in comune con i potenziali nemici.
Durante le prime fasi della simbiosi, queste molecole mettono in moto il sistema immunitario, finché l'intruso è riconosciuto come innocuo e le difese sono represse. Però, la pianta resta in uno stato di allerta, detto "priming", che le permette di reagire più in fretta e con più efficacia ad attacchi successivi.
Da milioni di anni, le piante affrontano le difficoltà dell'ambiente unendo le forze con altri organismi del suolo che, forse, possono dare una mano anche a noi: permettendoci di aumentare le rese, mantenere alta la qualità del cibo prodotto, e allo stesso tempo proteggere l'ambiente.
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