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Ortles: il ghiacciaio si muove dopo 7.000 anni

Un team internazionale, tra cui molti ricercatori italiani, ha scoperto l'accelerazione del movimento della parte più profonda del ghiacciaio più elevato dell'Alto Adige, dovuta al riscaldamento globale, per la prima volta dai tempi dell'Uomo del Similaun.

Il Mt Ortles (3905 m) in Alto Adige dal quale sono state estratte nel 2011 le carote di ghiaccio
Foto di Paolo Gabrielli
Grazie ad uno studio internazionale, pubblicato su "The Cryosphere", è stato rilevato che il ghiaccio più profondo e antico presente sul Monte Ortles (3.905 m, sulle Alpi Orientali, a 37 Km dal luogo del ritrovamento dell'Uomo del Similaun) ha cominciato a muoversi per la prima volta dopo 7.000 anni.

Le prime carote di ghiaccio estratte indicano che il ghiacciaio più elevato dell'Alto Adige ha cominciato una fase di accelerazione del movimento che non ha precedenti nel periodo osservato. Le prove vengono dagli strati più profondi, datati con la tecnica del carbonio-14, e da misurazioni condotte nel foro di perforazione mediante un inclinometro, uno strumento che è in grado di rilevare anche i minimi movimenti glaciali.

"Queste carote di ghiaccio offrono l'eccezionale opportunità di studiare le caratteristiche dell'atmosfera quando l'Uomo del Similaun viveva in questa regione, in modo da poter conoscere anche l'ambiente e il clima in cui era immerso", dichiara Carlo Barbante, direttore dell'IDPA-CNR.

La rapida fusione dei ghiacci è connessa al surriscaldamento globale. "I ghiacciai alpini si stanno ritirando velocemente, a causa dell'intensa fusione legata al riscaldamento atmosferico", aggiunge Paolo Gabrielli, ricercatore presso il Byrd Polar and Climate Research Center dell'Università dell'Ohio, e responsabile dello studio.

Ricercatori dell’Idpa-Cnr impegnati nella misura di carote di ghiaccio appena estratte dall’Ortles nelle Alpi Orientali
Foto di Paolo Gabrielli
"I nostri risultati hanno messo in luce l'azione di un nuovo processo, che potrebbe accelerare il flusso dei ghiacciai alpini anche alle quote più elevate, contribuendo a velocizzarne il ritiro. Con le carote di ghiaccio dell'Ortles potremo verificare precisamente come i cambiamenti ambientali in atto a livello regionale interagiscano con quelli climatici a livello globale."

Tra le informazioni custodite nel ghiaccio, i ricercatori hanno identificato, ad esempio, il segnale delle deposizioni atmosferiche radioattive derivanti dall'incidente avvenuto presso la centrale nucleare di Fukushima, in Giappone, nel marzo 2011.

"Il movimento del ghiaccio più profondo potrebbe essere causato dalle infiltrazioni dell'acqua di fusione superficiale, e dal fatto che ora quest'acqua, durante le estati eccezionalmente calde, stia lubrificando la parte basale del ghiacciaio, favorendone il movimento", continua Gabrielli.

I risultati della ricerca indicano che il ghiacciaio dell'Ortles, come lo conosciamo oggi, si formò circa 7.000 anni fa, alla fine del cosiddetto "Ottimo Climatico" dell'emisfero settentrionale, un periodo particolarmente caldo durante il quale i ghiacciai alpini si ritirarono fino a quote elevate.

Successivamente, l'inizio di un periodo più fresco, conosciuto come "Neoglaciale", contribuì a far accumulare neve e ghiaccio sul suolo nuovamente congelato nei pressi della cima all'Ortles. Durante questo periodo, venne sepolta anche la mummia dell'Uomo del Similaun, che rimase nel ghiaccio fine alla fine dell'estate del 1991, quando emerse nei pressi del Giogo di Tisa, a 3.210 m di quota.

Il sito di perforazione in cima all’Ortles dove il team internazionale di ricercatori guidati dall’Università dell’Ohio ha condotto le operazioni di campionamento durante l’autunno del 2011
Foto di Paolo Gabrielli
I ricercatori stanno analizzando i campioni di ghiaccio, identificando gli isotopi stabili dell'ossigeno, gli ioni maggiori, le particelle di carbonio, i pollini, gli elementi in traccia e le polveri, tutti parametri che potranno fornire importanti informazioni sulle condizioni climatiche a partire da 7.000 anni fa.

"Una delle carote estratte potrebbe entrare a far parte dell'Ice Memory Project, un nuovo programma internazionale che ha l'obiettivo di trasportare carote di ghiaccio in un archivio in Antartide, dove potranno essere conservate intatte per le future generazioni di scienziati", conclude Barbante.

Le carote sono state estratte da un team internazionale di glaciologi guidati dall'Università dell'Ohio, col supporto logistico della Provincia Autonoma di Bolzano. Del gruppo fanno parte anche: IDPA-CNR, U.S. Geological Survey, Università di Venezia, di Padova, di Udine e di Pavia, ENEA;

E poi Waterstones Geomonitoring, Central Institute for Meteorology and Geodynamics (ZAMG), Università di Innsbruck, Laboratoire de Glaciologie et Géophysique de l'Environnement (LGGE), CNRS, Università Grenoble Alpes, Paul Scherrer Institut (PSI), Università di Berna, Russian Academy of Sciences.

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