Il progetto Geoswim, coordinato dall'Università di Trieste in collaborazione con ENEA, prevede la mappatura di tutta la costa rocciosa del Mediterraneo, per studiare i meccanismi di erosione. Il tutto a nuoto.
Mappare la costa rocciosa del Mediterraneo su una lunghezza complessiva di 23mila km, per studiare i meccanismi di erosione attraverso le variazioni del livello del mare: questo l'obiettivo del progetto scientifico Geoswim, coordinato dall'Università di Trieste in collaborazione con ENEA, che nella sua missione 2016 ha fatto tappa al Conero nelle Marche.La particolarità di questo progetto sta nel fatto che il team di ricercatori lavora in acqua con maschera e pinne, spingendo a nuoto un piccolo laboratorio galleggiante, dal nome mitologico Ciclope, equipaggiato con due telecamere, un sonar e una sonda per le analisi chimico-fisiche.
"Esplorando la costa da vicino, metro dopo metro e sotto il pelo dell'acqua, possiamo osservare ciò che satelliti ed imbarcazioni non riescono a vedere", sottolinea Fabrizio Antonioli, geomorfologo dell'ENEA che da tre anni partecipa alle spedizioni di Geoswim.
"In questo modo riusciamo a rilevare le variazioni della costa 'in continuo', studiare i meccanismi di erosione costiera e di formazione delle grotte marine, e individuare la presenza di sorgenti di acqua dolce. Tutte queste informazioni ci permettono di calcolare le recenti variazioni di livello del mare."
Geoswim è iniziato quattro anni fa, con un obiettivo ambizioso: mappare tutta la costa rocciosa del Mediterraneo, percorrendo a nuoto sia la sponda europea che quella africana, passando per Turchia e Medio Oriente.
Il progetto si focalizza anche sullo studio di fauna e flora, come molluschi, patelle e balanidi che vivono attaccati alla roccia, ma anche piante e alghe, per raccogliere dati anche sulle condizioni ambientali, la presenza di acque dolci e l'azione erosiva delle onde.
"I rilievi consistono principalmente nell'osservazione e nella mappatura delle forme costiere, oltre a raccogliere dati come temperatura e conducibilità", spiega Stefano Furlani, responsabile del progetto Geoswim e geomorfologo dell'Università di Trieste. "Tutte queste informazioni sono georeferenziate, cioè accoppiate ad una precisa posizione geografica e di profondità."
La spedizione al Conero, che ha indagato il tratto di Adriatico tra Portonovo e Sirolo in provincia di Ancona, ha visto la partecipazione nel team di ricercatori-subacquei anche delle Università di Urbino e "La Sapienza" di Roma.
"Negli ultimi 300 anni, il promontorio del Conero è stato interessato da significativi movimenti di frana", aggiunge Antonioli. "Infatti è emersa una presenza ridotta di organismi marini litorali lungo le falesie a picco sul mare, a causa di ammassi di rocce poco stabili e della alta energia delle onde."
"In alcuni punti è stato rilevato il solco di battente attuale, che ci indica una generale stabilità tettonica di tutto il promontorio. Inoltre, abbiamo individuato un'alga particolare, 'Ulva lactuca', conosciuta anche come lattuga di mare, tipico indicatore della presenza in mare di sorgenti di acqua dolce."
Dopo la prima campagna del 2012, nella quale sono stati percorsi 250 km da Sissano in Istria fino a Trieste, Geoswim ha proseguito la sua missione a Malta, in Sicilia (Egadi e Ustica), in Sardegna (alcune isole dell'arcipelago della Maddalena, Capo Caccia e Tavolara) e nel Lazio (promontorio di Gaeta), percorrendo a nuoto un totale di 600 km. Prossima tappa: la Grecia.
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