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I batteri giusti per vivere (più di) cent'anni

Uno studio guidato da ricercatori dell'Alma Mater, con il contributo del CNR, ha analizzato la popolazione batterica intestinale di 24 soggetti, di età compresa tra i 105 e 110 anni, per cercare di individuare il segreto della loro longevità. 

Rita Levi Montalcini, ha vissuto 103 anni
Immagine di pubblico dominio: https://www.flickr.com/people/92126232@N00
Il microbiota intestinale è l'insieme di microrganismi che a migliaia di miliardi abitano il nostro intestino. La sua composizione potrebbe essere la chiave per capire il segreto della longevità. È la scommessa da cui è partita una nuova ricerca, condotta dall'Università di Bologna e dal CNR.

Lo studio ha analizzato la popolazione batterica intestinale di 24 semi-supercentenari (cioè tra i 105 e i 110 anni), della provincia di Bologna, confrontandola con quella di centenari (99-104 anni), anziani (65-75 anni) e adulti (20-50 anni), arruolati nella stessa area geografica per limitare le differenze dovute alle abitudini alimentari e allo stile di vita.

Lo studio è stato promosso dal gruppo di Ecologia microbica della salute del Dipartimento di farmacia e biotecnologie, e dal gruppo di ricerca per gli studi sull'invecchiamento e la longevità del Dipartimento di medicina specialistica, diagnostica e sperimentale dell'Università di Bologna. La ricerca è stata condotta con la partnership dell'Istituto di Tecnologie Biomediche del CNR di Milano (ITB-CNR).

Si tratta della prima ricerca al mondo a studiare il microbiota di soggetti così eccezionalmente longevi, consentendo di gettare nuova luce sul ruolo dei batteri intestinali sulla longevità. I risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista "Current Biology".

"La longevità è un tratto complesso", spiega la ricercatrice Unibo, Elena Biagi, "in cui giocano un ruolo chiave la genetica, l'ambiente e il caso. Influenzando molteplici aspetti della fisiologia umana, come il corretto funzionamento del sistema immunitario e del metabolismo, il microbiota intestinale può rappresentare un tassello importante nel definire come e quanto un essere umano può invecchiare mantenendosi in buona salute".

Infatti, dalla ricerca è emersa l'esistenza di un "core microbiota", cioè una sorta di porzione "fissa" dell'ecosistema in termini di composizione, costituito principalmente da specie simbionti (prevalentemente appartenenti alle famiglie Ruminococcaceae, Lachnospiraceae e Bacteroidaceae). Queste specie sono generalmente associate ad uno stato di salute, e sono produttrici di molecole estremamente importanti per il nostro organismo, come gli acidi grassi a catena corta.

Però, l'abbondanza di queste specie nel microbiota intestinale diminuisce con l'avanzare dell'età. Questo favorisce la progressiva proliferazione di altre specie sub-dominanti, che sono presenti in bassa percentuale nei giovani adulti.

Inoltre, l'invecchiamento è caratterizzato da cambiamenti nei rapporti tra le specie microbiche non appartenenti al "core", in particolare nella frequenza con cui due specie appaiono insieme nel microbiota intestinale di un individuo.

Cos'hanno di diverso i supercentenari
"Queste caratteristiche, tipiche di un ecosistema associato ad un organismo che invecchia, si mantengono nel microbiota intestinale di individui longevi ed estremamente longevi", continua Marco Severgnini, ricercatore dell'ITB-CNR.

"Allo stesso tempo, però, il microbiota intestinale dei semi-supercentenari mostra i segni di una parallela proliferazione di microrganismi antinfiammatori, immunomodulanti e promotori della salute della parete intestinale, come 'Bifidobacterium' e 'Akkermansia'".

Inoltre, nei semi-supercentenari, è stato rilevato un aumento nell'abbondanza di batteri appartenenti alla famiglia Christensenellaceae, un gruppo batterico recentemente salito all'attenzione della ricerca nel campo del microbiota intestinale, poiché è associato ad uno stato di salute, ed è stato identificato come la componente maggiormente influenzata dal patrimonio genetico del'ospite.

In assenza di studi longitudinali, estremamente difficili da realizzare nel campo della ricerca sulla longevità umana, non è possibile sapere se queste particolari caratteristiche degli individui più longevi sono legate al loro passato stile di vita e, soprattutto, se erano già presenti in giovane età; o se, al contrario, sono un tratto acquisito durante l'invecchiamento soltanto dai soggetti che riescono a vivere più a lungo degli altri.

Si può, però, ipotizzare che la maggiore abbondanza di Christensenellaceae, bifidobatteri e Akkermansia costituisca una sorta di "firma", da ricercare nel microbiota intestinale di persone particolarmente longeve; e che questa rappresenti un adattamento dell'ecosistema ai cambiamenti fisiologici che avvengono con l'avanzare dell'età, in grado di promuovere la salute e contribuire al raggiungimento dei limiti estremi dell'aspettativa di vita umana.

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