La settimana scorsa, il CNR ha presentato i risultati del progetto europeo "Marsafenet: Network of experts on the legal aspects of Maritime Safety and security", coordinato dall'ISGI-CNR. Il progetto delinea gli aspetti giuridici legati alla conservazione degli ecosistemi marini, sicurezza delle coste e flussi migratori.
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"Le implicazioni del cambiamento climatico sono ormai note, ma le risposte sul piano giuridico internazionale tardano ancora ad arrivare", dichiara Gemma Andreone, dell'ISGI-CNR e coordinatrice del progetto. "Si pensi al rischio, ormai nemmeno troppo remoto, che a causa dell'aumento del livello del mare, alcune isole del Pacifico, nonché delle coste del Bangladesh, vengano sommerse."
"Quali saranno i provedimenti che la comunità internazionale adotterà in tal caso, per individuare i luoghi dove le relative popolazioni potranno trasferirsi? Un'ipotesi, già allo studio di Stati ed esperti, è quella di creare nuove isole artificiali dove esse possano trasferirsi, vivere e anche continuare ad esercitare la loro sovranità territoriale".
Anche la biodiversità marina è un'emergenza ambientale che finora è dipesa soprattutto dalla politica di ciascuno Stato. "L'attuale modello giuridico appare evidentemente inadeguato alla gestione di una problematica che riguarda l'intero pianeta. Per questo, alle Nazioni Unite, si sta per aprire un negoziato multilaterale in materia di protezione della biodiversità dell'alto mare, esplorando la possibilità di creare zone marine protette".
Ai cambiamenti climatici è in parte legata anche la complessa questione delle migrazioni via mare. "Gli Stati costieri devono affronatre un doppio problema: dare soccorso ai naufraghi che rischiano la vita e, allo stesso tempo, controllare e contenere i flussi migratori. In questo contesto occorrerebbe un sistema comune di repressione, per poter colpire le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico illecito."
"L'intercettazione dei migranti spesso avviene troppo tardi, solo quando giunge una richiesta di soccorso. Occorre ricordare, infatti, che nel diritto internazionale, i poteri degli Stati di fermare la navigazione in alto mare di navi straniere sono limitati. Manca una norma che permetta di intervenire, in assenza del consenso dello Stato della bandiera, anche se si tratta di navi stracariche di persone evidentemente sottoposte a trattamenti disumani".
Un altro aspetto in qualche modo legato a questi temi è la pirateria. "Un problema sentito soprattutto nelle zone costiere in cui gli Stati sono più deboli, e quindi le navi mercantili sono costrette a provvedere alla sicurezza del carico e dell'equipaggio stesso."
"Molti Stati interessati ai traffici marittimi hanno provveduto con strumenti normativi interni, che prevedono la presenza di militari o di guardie private a bordo dei mercantili privati. Questa prassi ha già causato effetti negativi, come nel caso della 'Enrica Lexie', e continua a porre un buon numero di difficoltà giuridiche dovute all'uso della forza in mare e ai conflitti di giurisdizione che ne possono derivare".
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