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Neuroscienze: scoperte, nel cervelletto, cellule staminali attive dopo la nascita

Ricercatrici del NICO - Università di Torino hanno pubblicato uno studio sul "Journal of Neuroscience", che apre nuove prospettive per "riparare" il cervello che invecchia o si ammala.

Da sinistra, le ricercatrici del NICO Ketty Leto, Elena Parmigiani, Annalisa Buffo
Il suo nome potrebbe trarre in inganno. Infatti, il cervelletto ospita la popolazione neuronale più abbondante del sistema nervoso, e anche molti tipi diversi di cellule. Il suo sviluppo è diverso da quello del resto del cervello: avviene prevalentemente dopo la nascita, invece che durante la fase embrionale. 

Finora è stato poco studiato, e molti aspetti rimangono da chiarire. Tra questi, la localizzazione e il comportamento di cellule staminali attive dopo la nascita. Vale a dire, cellule che possono produrre nuovi neuroni e nuove cellule gliali (cellule che hanno una funzione nutritiva e di sostegno per i neuroni).

 Un gruppo di ricerca del NICO - Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi dell'Università di Torino, ha chiarito questi aspetti: hanno mostrato, per la prima volta, l'esistenza e la precisa localizzazione delle cellule staminali, e come si moltiplicano fino al loro esaurimento. Il gruppo è guidato da Annalisa Buffo, e composto da Elena Parmigiani, Ketty Leto e Chiara Rolando.

Cellule staminali del cervelletto
Tramite complesse analisi, le ricercatrici del NICO hanno "seguito" le cellule, scoprendo che le cellule staminali presenti nella sostanza bianca del cervelletto sono bipotenti: sono in grado di generare neuroni e cellule gliali. Le analisi sono state svolte in collaborazione con il Cajal Institute, dello Spanish National Research Council di Madrid.

I risultati dello studio, pubblicati sul prestigioso "Journal of Neuroscience", indicano che le cellule staminali del cervelletto non si auto-mantengono, cioè si esuriscono dopo un paio di settimane dalla nascita. 

Tuttavia, è probabile che alcuni di questi progenitori rimangano, come elementi silenti, anche nell'adulto. Perciò, forse è possibile "riattivarli", in seguito a un danno, generando nuovi neuroni nel cervelletto che invecchia o si ammala.

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