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Clima: le nuvole non sono tutte uguali

Un recente studio dell'ISAC-CNR ha scoperto che un particolare tipo di sostanze organiche, i tensioattivi, aumentano la capacità delle nuvole marine di riflettere la radiazione solare, con effetti su precipitazioni e clima.

Un recente studio dell'ISAC-CNR ha scoperto che un particolare tipo di sostanze organiche, i tensioattivi, aumentano la capacità delle nuvole marine di riflettere la radiazione solare, con effetti su precipitazioni e clima.
PublicDomainPictures da Pixabay
Le nuvole sono elementi fondamentali del bilancio radiativo del nostro pianeta, cioè del rapporto tra la radiazione solare che arriva sulla Terra e quella che viene riflessa di nuovo verso lo spazio. La limitata capacità dei modelli attualmente elaborati e utilizzati dagli studiosi di riprodurre i processi di formazione ed evoluzione delle nubi, perciò, rappresenta un fattore di incertezza essenziale nell'analisi e nella predizione dei cambiamenti climatici.

Un team di ricercatori dell'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima del CNR (ISAC-CNR) di Bologna è riuscito a confermare dal punto di vista sperimentale un'ipotesi formulata vent'anni fa di grande importanza nello studio del clima, pubblicando i risultati sulla rivista Nature.

"Che le nuvole si formino da piccole particelle di particolato atmosferico è noto da decenni, ma per la prima volta abbiamo scoperto che i composti tensioattivi organici di origine marina formano molto più efficacemente le goccioline di nube, aumentando così l'effetto raffreddante delle nubi marine", spiega Maria Cristina Facchini, coordinatrice del team italiano che ha collaborato allo studio insieme ad altre università e centri di ricerca europei, statunitensi e canadesi.

"Particelle microscopiche ricche di composti organici danno luogo a nuvole che contengono un numero molto più alto di goccioline, fino a dieci volte, e per questo risultano essere più riflettenti e meno propense a formare precipitazioni. La combinazione di questi due fattori esercita un effetto di raffreddamento del clima che ora potrà essere quantificato con molta più precisione", continua Facchini.

"Questo studio rappresenta una svolta nella comprensione dei processi di formazione delle nuvole. Ora la sfida sta nel determinare l'importanza del processo osservato alla grande scala, grazie ad un'ulteriore affinamento dei modelli climatici globali", conclude la ricercatrice.

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